lunedì 12 novembre 2007

Ille Quod Fluminem Fert

Lamento Per Un Amore Sepolto

Dondolavo,
Sulle balaustre, da cui
Oppio e gerani,
Intrecciano i petali
In bicromica danza,
Anacronica sponda
Di un fiume stagnante;
Ed il gocciolare di
Morte stagioni,
Picchiettava risentito
Sulle mie iridi
Di vetro affumicato.

Un nugolo di sgraziate
Armonie ombreggiò
La signora d'avorio,
Cui dedico ogni mia notte,
E come stormo d'aironi
Defunti,
S'alzò dal letto perlaceo
Del fiume,
Aleggiando verso le odorose
Terrazze, in cui il tempo
Tappezza la mia bara
Di foglie.

Chi è che porta la pira
Prima dell'ora?
Non voglio sfilare
I mie artigli
Dal cuore del satiro,
Che mi nutre con acerbe
Essenze di elleboro.
Ma ahimè la Luna
E' beffarda,
Ed il rimpianto si squaglia
Sui contorni stellati
Della disillusione.

3 commenti:

marina ha detto...

molto originale il tuo blog, l'ho linkato...e grazie per il tuo commento alla mia poesia su Trieste
saluti
marina

daventi ha detto...

Picchiettava risentito
Sulle mie iridi
Di vetro affumicato.

bellissima frase!

quella volta ho pensato un po al mondo che viviamo tutti i giorni e la rabbia è uscita da se ... anche erphe ero in un periodo abbastanza no..

saluti poeta!

Anonimo ha detto...

ritmo incalzante, il passo che sale, poesia che respira...
"le tue parole sono uomini" diceva Hikmet
:)

complimenti
Un caro saluto

Psiche/Irene