martedì 3 luglio 2007

Avernalia

II - I Folli Di Tama

Come pietre che rotolano
E lentamente s'infrangono
Sulle scarpate,
Dilavate appendici di un
Mondo al tramonto,
Inesorabili attimi,
Sadici scalpelli,
Scavano ancora
Dentro stanze ormai vuote,
Dentro anime saccheggiate
Che dondolano spastiche,
Aggrappate al languore
Che nulla riporta al
Passato splendore.

Sono decine, se vi interessa vederli,
Spettri infelici, ai margini
Orientali dell'Armala;
E nelle gole si scuotono,
Ed al vento urlano
Nomi che non ricordano,
Orazioni grottescamente
Affidate agli spifferi.
Sono i folli di Tama,
La rocca sotto i passi dannati;
I primi a cadere
Vittime della cupidigia
E dell'orgoglio insensato,
Che scatenò sul mondo
Le Furie di Averna.

Blasfemo è cantarne
La grandezza in rovina;
I vecchi ricordano amari
I dolci pendii, le ruote
Di legno ed i camini,
Quando accompagnavano,
Fanciulli, i padri a comprare
I piccoli fuochi di pietra,
Che gli artigiani rubavano
Dal seno generoso della Dea.
Erano esteti, si dice,
Sapienti e beati, ma lo
Scavare nel buio, sempre più a monte,
Stese sulle loro mani la tragedia del desiderio.

Erano tra loro i Sette Grigi,
Ognuno alla testa di una casa importante.

Timea ed Aswi le due gemme di Tama
Che santuari di giada intagliarono.
Nel forte era Nausania, che dalla propria dimora
Traeva potenza, e lame affilate forgiava.
Cacciava il leopardo sulle ultime nevi di primavera,
Ermaleo, di pelliccia ed arroganza vestito
Nella città bassa, dove ricchezza e sensualità
Corron veloci, chino sui propri gioielli sedeva Cornelio.
Macrinio, dall’orecchio deforme sfidava
Gli stranieri alla lotta, sotto i colonnati.
Di Avaste il Dannato, non si può parlare:
Colui che tornò, con i folli di Tama è incatenato.

Erano in sette, uno solo tornò
Annoiati e viziosi, gloriosa
Testimonianza di un sangue eccelso.
Nel tempio sempre più radi portarono offerte;
In silenzio imprecarono contro la vita,
Che tutto li diede ma una
Sete nuova non placa;
E nel fuoco dell’insofferenza
La prudenza dei padri,
Le fondamenta della città
Bruciarono, stolti e ciechi.
S’avviarono a compiere
Il loro destino in cima
All’Armala, non più amante e guardiana.

Primo canto dell'Avernalia. E' uno scorcio rappresentativo di un amore finito tra il mondo e gli uomini.
E, come tutti gli amori, se s'infrangono le sue regole, se il voler cercare soddisfazioni oltre il ragionevole porta a tradire, causa la vendetta devastante poichè l'oggetto dei propri sentimenti è anche l'immagine della propria impotenza: consapevolezza intollerabile tanto più per una Dea.

1 commento:

Anonimo ha detto...

good start